martedì 13 novembre 2018

Le sciostre

Non è stato facile individuare il luogo dove è stato effettuato questo scatto. Il maggior numero di sciostre, ovvero di magazzini e depositi, si trovavano nel tratto che andava dal naviglio di Varenna fino al laghetto di Santo Stefano che fungeva da vero e proprio porto non solo per il marmo di candoglia della Veneranda Fabbrica del Duomo. Dietro questi magazzini si trovavano le abitazioni diposte a pettine rispetto al canale una zona tra le più popolari della città. In questi depositi venivano stoccati, il legname, il carbone, la calce, le pietre, il marmo, il vino,ma anche generi alimentari come pesci, formaggi, castagne e animali d'allevamento. Le materie prime, una volta lavorate, prendevano poi la via del ritorno per venire vendute in tutta la Lombardia e persino in Svizzera. Questa sciostra in particolare si trovava in via Santa Sofia e accanto ad un deposito di legna ospitava uno spazio per le lavandaie: le possiamo osservare nella foto mentre, riparate dal sole con delle lenzuola ed un ombrello, svolgono il loro duro lavoro. Successivamente tutta la sciostra verrà utilizzata come deposito di legna,la tettoia verrà prolungata e verrà realizzato un parapetto in legno. Una curiosità: questo è l'unico punto dove la cerchia dei navigli ha un angolo convesso e guardando la fotografia attentamente si può vedere come il vertice fosse proprio all'altezza di questa sciostra.


lunedì 29 ottobre 2018

I navigli a colori

Siamo venuti in possesso di una cartella contenente una trentina di fotografie realizzate lungo i navigli milanesi da Leroy in occasione dei suoi soggiorni in città. Le foto, grazie al colore, ripropongono la bellezza e l'armonia di questo canale, ora scomparso, ed il rimpianto per una Milano a misura d'uomo, accogliente e affabile, anche se molto più povera rispetto alla città attuale. Abbiamo scelto di pubblicare alcune immagini rappresentative dell'intera collezione e speriamo di realizzare presto un libro fotografico che le contenga tutte.




giovedì 18 ottobre 2018

l'epilogo

In Francia, terminata la collaborazione con Albert Kahn, André tornò al suo lavoro ordinario di fotografo in una Parigi che non si era ancora completamente risollevata dalla guerra. Il lungo periodo trascorso all'estero gli aveva fatto perdere molti committenti e ora la concorrenza era molto più agguerrita. Per rinnovare l'attrezzatura dello studio dovette poi investire parecchio denaro indebitandosi con le banche. Il fotografo proseguì l' attività ancora per qualche anno ma poi preferì vendere lo studio, saldare tutti i debiti e partire. Tutto il suo archivio, i negativi, le lastre andarono purtroppo dispersi: ogni tanto alcune sue immagini riappaiono presso antiquari o robivecchi come le foto scattate sui navigli di Milano che abbiamo trovato a Parigi. Giunto a Marsiglia, André Leroi prese una nave per la Guadalupa e si stabilì nel paese di Sainte Rose. Non abbiamo alcuna notizia della sua vita sull'isola e non conosciamo nemmeno la data della sua morte. La sua sepoltura verrà ritrovata solo nel secondo dopoguerra nel cimitero del paese. Era un semplice mucchio di terra decorato con una cornice di conchiglie come sull'isola si usa fare quando le persone sepolte sono modeste o dimenticate.
 
 
 

domenica 14 ottobre 2018

l'ultimo viaggio a Milano

La collaborazione di André Leroi per il progetto degli Archives de la Planète fu interrotta nel 1914 con lo scoppio della prima guerra mondiale. Durante il conflitto il fotografo fu chiamato dal governo francese a documentare quello che avrebbe dovuto essere per la propaganda un breve conflitto vittorioso. Leroi poté così riprendere il suo lavoro solo dopo il i918 e nel 1924 intraprese un lungo viaggio in Italia e per l'ultima volta soggiornò a Milano. L'albergo del pozzo era stato chiuso nel 1918 ed il fotografo scelse di soggiornare all'albergo “Bella Venezia” che si trovava in piazza San Fedele. Nell'albergo avevano alloggiato nomi illustri come Stendhal, Silvio Pellico, Giuseppe Mazzini, Cavour e Garibaldi ed era molto apprezzato dai turisti d'oltralpe perché si parlava francese e gli avvisi erano scritti anche in quella lingua. Oggi l'edificio che ospitava Il “Bella Venezia” non esiste più, demolito nel 1930 per far posto alla sede di una banca. Leroi oltre a fotografare i monumenti e i luoghi più importanti della città ne approfittò per tornare sui navigli e riprenderli per l'ultima volta. Il luogo della città che più aveva ammirato nei suoi viaggi sarebbe infatti scomparso di lì a poco, coperto per permettere alle automobili di viaggiare più agevolmente in una Milano che stava diventando la capitale economica d'Italia. Terminato il suo lavoro il fotografo tornò in Francia e non fece più nel nostro paese.


 

martedì 2 ottobre 2018

Lo studio di Parigi

 
Fu dopo l'Esposizione Internazionale del Sempione che le strade dei Lumiere e di André si divisero. La scoperta della fotografia a colori aveva aperto nuove possibilità di guadagno così Leroi decisse di mettersi in proprio e di trasferirsi a Parigi in Boulevard Malesherbes , fuori dalla vecchia cinta daziaria di Parigi, demolita nel 1860. La casa, costruita dall'architetto Guillaume-Thérèse-Antoine Degeorge allievo dell'architetto neoclassico Charles Percier, per un pittore poi defunto, si sviluppava su tre livelli più un piano sotterraneo. André la trasformò nella sua casa-laboratorio. Approfittò delle grandi vetrate del secondo piano per realizzare la sala di posa e nei locali sotterranei sistemò la camera oscura. A Parigi cominciò a realizzare moltissime foto della città e presto ebbe un buon successo tanto che nel 1910 venne chiamato dal banchiere Albert Kahn a collaborare al progetto degli Archives de la Planète. Assieme ad altri fotografi avrebbe girato il mondo per raccontare con le sue immagini a colori i luoghi più belli del pianeta. Molte sue foto sono conservate oggi nel Museo Albert-Kahn, nel quartiere Boulogne-Billancourt di Parigi.


mercoledì 26 settembre 2018

L'Esposizione Universale del Sempione


L'occasione per tornare a Milano fu l'Esposizione Internazionale del Sempione del 1906. I Lumiere avevano appena brevettato l'Autochrome e chiesero ad André di tornare in Italia per mostrare la novità che stavano mettendo in commercio. L'esposizione venne inaugurata il 28 aprile e fino all'11 novembre, quando l'evento chiuse i battenti, il fotografo visse a Milano nella sua stanza all'albergo del Pozzo che già aveva apprezzato nel suo precedente soggiorno. Ogni mattina da via Torino raggiungeva con il tram il Parco Sempione dove si trovava l'ingresso principale all'Esposizione. Percorso un piccolo tratto all'interno del parco arrivava alla stazione ferroviaria dove un trenino elettrico con quattro carrozze che viaggiava su un viadotto in legno lo conduceva fino alla stazione dell'ex Piazza d'Armi dove si trovava l'altra sede dell'Esposizione. Qui, di fronte
al grande faro costruito dalla filotecnica di Angelo Salmoiraghi per il padiglione dei trasporti, si trovava il padiglione dell'Arte Decorativa Francese dove i Lumiere avevano predisposto uno spazio espositivo. Nonostante i numerosi impegni André, durante questo lungo periodo trascorso in città, riuscì a realizzare diverse fotografie con la sua fotocamera impressionando le nuove lastre a colori per poi la sera svilupparle nel suo albergo. Fu un periodo professionalmente importante che permise al fotografo di acquisire una grande maestria tecnica nel realizzare queste prime fotografie a colori.




venerdì 21 settembre 2018

Il ritorno a Lione e l'autochrome

"Piove anche oggi! Torniamo a Lione.." Così André scrive sotto la foto di un brumista forse della carrozza che avrebbe ricondotto lui e Auguste a Lione. Tornati nella città francese continuarono a studiare la possibilità di realizzare delle fotografie a colori. Nel 1906 i Lumiere brevetteranno l'Autochrome e a partire dal 1907 vennero prodotte 6000 lastre al giorno per un totale di 50 milioni.I colori che apparivano sulla lastra erano ottenuti grazie a dei minuscoli granelli di fecola di patate colorati in verde, blu-violetto e arancione. Questi venivano stesi su un suppoto in vetro in modo che non si sovrapponessero ma fossero giustapposti. Gli interstizi venivano poi riempiti con nerofumo per poi stendere sul tutto un'emulsione fotografica in bianco e nero. Dopo essere stata esposta e sviluppata, ottenuto un negativo a colori, la lastra veniva sottoposta ad un procedimento di inversione per ottenere finalmente un'immagine positiva. L'immagine ottenuta, se osservata da vicino, appariva come un quadro puntinista per via dei granelli di fecola utilizzati.


Le sciostre

Non è stato facile individuare il luogo dove è stato effettuato questo scatto. Il maggior numero di sciostre, ovvero di magazzini e depositi...